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LEGGE 26 luglio 1975, n. 354 - Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà.
LEGGE
26 luglio 1975
, n.
354
Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà.
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
la seguente legge:
TITOLO I
TRATTAMENTO PENITENZIARIO
Capo I
PRINCIPI DIRETTIVI
Art.1.
Trattamento e rieducazione
Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.
Il trattamento è improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.
Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari.
I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.
Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.
Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento è attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.
Art.2.
Spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive
Le spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive sono a carico dello Stato.
Il rimborso delle spese di mantenimento da parte dei condannati si effettua ai termini degli
articoli 145, 188, 189 e 191 del codice penale
e 274 del codice di procedura penale.
Il rimborso delle spese di mantenimento da parte degli internati si effettua mediante prelievo di una quota della remunerazione a norma del penultimo capoverso dell'articolo 213 del codice penale, ovvero per effetto della disposizione sul rimborso delle spese di spedalità, richiamata nell'ultima parte dell'articolo 213 del codice penale.
Sono spese di mantenimento quelle concernenti gli alimenti ed il corredo.
Il rimborso delle spese di mantenimento ha luogo per una quota non superiore ai due terzi del costo reale. Il Ministro per la grazia e giustizia, al principio di ogni esercizio finanziario, determina, sentito il Ministro per il tesoro, la quota media di mantenimento dei detenuti in tutti gli stabilimenti della Repubblica.
Art. 3.
Parità di condizioni fra i detenuti e gli internati
Negli istituti penitenziari è assicurata ai detenuti ed agli internati parità di condizioni di vita. in particolare il regolamento stabilisce limitazioni in ordine all'ammontare del peculio disponibile e dei beni provenienti dall'esterno.
Art. 4.
Esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati.
I detenuti e gli internati esercitano personalmente i diritti loro derivanti dalla presente legge anche se si trovano in stato di interdizione legale.
Capo II
CONDIZIONI GENERALI
Art. 5.
Caratteristiche degli edifici penitenziari
Gli istituti penitenziari devono essere realizzati in modo tale da accogliere un numero non elevato di detenuti o internati.
Gli edifici penitenziari devono essere dotati, oltre che di locali per le esigenze di vita individuale, anche di locali per lo svolgimento di attività in comune.
Art. 6.
Locali di soggiorno e di pernottamento
I locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono essere di ampiezza sufficiente, illuminati con luce naturale e artificiale in modo da permettere il lavoro e la lettura;aerati, riscaldati ove le condizioni climatiche lo esigono, e dotati di servizi igienici riservati, decenti e di tipo razionale. i detti locali devono essere tenuti in buono Stato di conservazione e di pulizia.
I locali destinati al pernottamento consistono in camere dotate di uno o più posti.
Particolare cura è impiegata nella scelta di quei soggetti che sono collocati in camere a più posti.
Agli imputati deve essere garantito il pernottamento in camere ad un posto a meno che la situazione particolare dell'istituto non lo consenta.
Ciascun detenuto e internato dispone di adeguato corredo per il proprio letto.
Art. 7.
Vestiario e corredo
Ciascun soggetto è fornito di biancheria, di vestiario e di effetti di uso in quantità sufficiente, in buono stato di conservazione e di pulizia e tali da assicurare la soddisfazione delle normali esigenze di vita.
L'abito è di tessuto a tinta unita e di foggia decorosa. è concesso l'abito di lavoro quando è reso necessario dall'attività svolta.
Gli imputati e i condannati a pena detentiva inferiore ad un anno possono indossare abiti di loro proprietà, purché puliti e convenienti. L'abito fornito agli imputati deve essere comunque diverso da quello dei condannati e degli internati.
I detenuti e gli internati possono essere ammessi a far uso di corredo di loro proprietà e di oggetti che abbiano particolare valore morale o affettivo.
Art. 8.
Igiene personale
È assicurato ai detenuti e agli internati l'uso adeguato e sufficiente di lavabi e di bagni o docce, nonché degli altri oggetti necessari alla cura e alla pulizia della persona.
In ciascun istituto sono organizzati i servizi per il periodico taglio dei capelli e la rasatura della barba. può essere consentito l'uso di rasoio elettrico personale.
Il taglio dei capelli e della barba può essere imposto soltanto per particolari ragioni igienico-sanitarie.
Art. 9.
Alimentazione
Ai detenuti e agli internati è assicurata un'alimentazione sana e sufficiente, adeguata all'età, al sesso, allo Stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima.
Il vitto è somministrato, di regola, in locali all'uopo destinati.
I detenuti e gli internati devono avere sempre a disposizione acqua potabile.
La quantità e la qualità del vitto giornaliero sono determinate da apposite tabelle approvate con decreto ministeriale.
Il servizio di vettovagliamento è di regola gestito direttamente dalla amministrazione penitenziaria.
Una rappresentanza dei detenuti o degli internati, designata mensilmente per sorteggio, controlla l'applicazione delle tabelle e la preparazione del vitto.
Ai detenuti e agli internati è consentito l'acquisto, a proprie spese, di generi alimentari e di conforto, entro i limiti fissati dal regolamento. La vendita dei generi alimentari o di conforto deve essere affidata di regola a spacci gestiti direttamente dalla amministrazione carceraria o da imprese che esercitano la vendita a prezzi controllati dall'autorità comunale. i prezzi non possono essere superiori a quelli comunemente praticati nel luogo in cui è sito l'istituto. La rappresentanza indicata nel precedente comma, integrata da un delegato del direttore, scelto tra il personale civile dell'istituto, controlla qualità e prezzi dei generi venduti nell'istituto.
Art. 10.
Permanenza all'aperto
Ai soggetti che non prestano lavoro all'aperto è consentito di permanere almeno per due ore al giorno all'aria aperta. tale periodo di tempo può essere ridotto a non meno di un'ora al giorno soltanto per motivi eccezionali.
La permanenza all'aria aperta è effettuata in gruppi a meno che non ricorrano i casi indicati nell'articolo 33 e nei numeri 4) e 5) dello articolo 39 ed è dedicata, se possibile, ad esercizi fisici.
Art. 11.
Servizio sanitario
Ogni istituto penitenziario è dotato di servizio medico e di servizio farmaceutico rispondenti alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati;dispone, inoltre, dell'opera di almeno uno specialista in psichiatria.
Ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati nelle infermerie e nei reparti specialistici degli istituti, i detenuti e gli internati sono trasferiti negli ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura.
All'atto dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita medica generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche. l'assistenza sanitaria è prestata, nel corso della permanenza nell'istituto, con periodici e frequenti riscontri, indipendentemente dalle richieste degli interessati.
Il sanitario deve visitare ogni giorno gli ammalati e coloro che ne facciano richiesta;deve segnalare immediatamente la presenza di malattie che richiedono particolari indagini e cure specialistiche; deve, inoltre, controllare periodicamente l'idoneità dei soggetti ai lavori cui sono addetti.
I detenuti e gli internati sospetti o riconosciuti affetti da malattie contagiose sono immediatamente isolati. nel caso di sospetto di malattia psichica sono adottati senza indugio i provvedimenti del caso col rispetto delle norme concernenti l'assistenza psichiatrica e la sanità mentale.
In ogni istituto penitenziario per donne sono in funzione servizi speciali per l'assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere.
Alle madri è consentito di tenere presso di sé i figli fino all'età di tre anni. per la cura e l'assistenza dei bambini sono organizzati appositi asili nido.
L'amministrazione penitenziaria, per l'organizzazione e per il funzionamento dei servizi sanitari, può avvalersi della collaborazione dei servizi pubblici sanitari locali, ospedalieri ed extra ospedalieri, d'intesa con la regione e secondo gli indirizzi del Ministero della sanità.
I detenuti e gli internati possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un sanitario di loro fiducia. per gli imputati è necessaria l'autorizzazione del magistrato che procede, sino alla pronuncia della sentenza di primo grado.
Il medico provinciale visita almeno due volte l'anno gli istituti di prevenzione e di pena allo scopo di accertare lo Stato igienico- sanitario, l'adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive disposte dal servizio sanitario penitenziario e le condizioni igieniche e sanitarie dei ristretti negli istituti.
Il medico provinciale riferisce sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare al Ministero della sanità e a quello di grazia e giustizia, informando altresì i competenti uffici regionali e il magistrato di sorveglianza.
Art. 12.
Attrezzature per attività di lavoro di istruzione e di ricreazione
Negli istituti penitenziari, secondo le esigenze del trattamento, sono approntate attrezzature per lo svolgimento di attività lavorative, di istruzione scolastica e professionale, ricreative, culturali e di ogni altra attività in comune.
Gli istituti devono inoltre essere forniti di una biblioteca costituita da libri e periodici, scelti dalla commissione prevista dal secondo comma dell'articolo 16 .
Alla gestione del servizio di biblioteca partecipano rappresentanti dei detenuti e degli internati.
Capo III
MODALITÀ DEL TRATTAMENTO
Art. 13.
Individualizzazione del trattamento
Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto.
Nei confronti dei condannati e degli internati è predisposta l'osservazione scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento
sociale. L'osservazione è compiuta all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa.
Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati della osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da effettuare ed è compilato il relativo programma, che è integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione.
Le indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella personale, nella quale sono successivamente annotati gli sviluppi del trattamento pratico e i suoi risultati.
Deve essere favorita la collaborazione dei condannati e degli internati alle attività di osservazione e di trattamento.
Art. 14.
Assegnazione, raggruppamento e categorie dei detenuti e degli internati
Il numero dei detenuti e degli internati negli istituti e nelle sezioni deve essere limitato e, comunque, tale da favorire l'individualizzazione del trattamento.
L'assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo alla possibilità di procedere ad un trattamento rieducativo comune e all'esigenza di evitare influenze nocive reciproche. per le assegnazioni sono, inoltre, applicati di norma i criteri di cui al primo ed al secondo comma dell'articolo 42 .
È assicurata la separazione degli imputati dai condannati e internati, dei giovani al disotto dei venticinque anni dagli adulti, dei condannati dagli internati e dei condannati all'arresto dai condannati alla reclusione.
È consentita, in particolari circostanze, l'ammissione di detenuti e di internati ad attività organizzate per categorie diverse da quelle di appartenenza.
Le donne sono ospitate in istituti separati o in apposite sezioni di istituto.
Art. 15.
Elementi del trattamento
Il trattamento del condannato e dell'internato è svolto avvalendosi principalmente dell'istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno ed i rapporti con la famiglia.
Ai fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilità, al condannato e all'internato è assicurato il lavoro.
Gli imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attività educative, culturali e ricreative e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni dell'autorità giudiziaria, a svolgere attività lavorativa o di formazione professionale, possibilmente di loro scelta e, comunque, in condizioni adeguate alla loro posizione giuridica.
Art. 16.
Regolamento dell'istituto
In ciascun istituto il trattamento penitenziario è organizzato secondo le direttive che l'amministrazione penitenziaria impartisce con riguardo alle esigenze dei gruppi di detenuti ed internati ivi ristretti. le modalità del trattamento da seguire in ciascun istituto sono disciplinate nel regolamento interno, che è predisposto e modificato da una commissione composta dal magistrato di sorveglianza, che la presiede, dal direttore, dal medico, dal cappellano, dal preposto alle attività lavorative, da un educatore e da un assistente sociale. la commissione può avvalersi della collaborazione degli esperti indicati nel quarto comma dell'articolo 80 .
Il regolamento interno disciplina, altresì, i controlli cui devono sottoporsi tutti coloro che, a qualsiasi titolo, accedono all'istituto o ne escono.
Il regolamento interno e le sue modificazioni sono approvati dal Ministro per la grazia e giustizia.
Art. 17.
Partecipazione della comunità esterna all'azione rieducativa
La finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all'azione rieducativa.
Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l'autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere favorevole del direttore, tutti coloro che avendo concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera.
Le persone indicate nel comma precedente operano sotto il controllo dei direttore.
Art. 18.
Colloqui, corrispondenza e informazione
I detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e corrispondenza con i congiunti e con altre persone anche al fine di compiere atti giuridici.
I colloqui si svolgono in appositi locali, sotto il controllo a vista e non auditivo del personale di custodia.
Particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari.
L'amministrazione penitenziaria pone a disposizione dei detenuti e degli internati che ne sono sprovvisti gli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza.
Il magistrato di sorveglianza può disporre, con provvedimento motivato, che la corrispondenza dei singoli condannati o internati sia sottoposta a visto di controllo del direttore o di un appartenente all'amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore.
Può essere autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi particolari, con terzi corrispondenza telefonica con le modalità e le cautele previste dal regolamento.
Per gli imputati i permessi di colloquio, il visto di controllo sulla corrispondenza e le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica sono di competenza della autorità giudiziaria che procede, sino alla pronuncia della sentenza di primo grado, e del giudice di sorveglianza, dopo la pronuncia stessa.
L'autorità giudiziaria può anche disporre limitazioni nella corrispondenza e nella ricezione della stampa.
I detenuti e gli internati sono autorizzati a tenere presso di sé i quotidiani, i periodici e i libri in libera vendita all'esterno e ad avvalersi di altri mezzi di informazione.
Art. 19.
Istruzione
Negli istituti penitenziari la formazione culturale e professionale, è curata mediante l'organizzazione dei corsi della scuola d'obbligo e di corsi di addestramento professionale, secondo gli orientamenti vigenti e con l'ausilio di metodi adeguati alla condizione dei soggetti.
Particolare cura è dedicata alla formazione culturale e professionale dei detenuti di età inferiore ai venticinque anni.
Con le procedure previste dagli ordinamenti scolastici possono essere istituite scuole di istruzione secondaria di secondo grado negli istituti penitenziari.
È agevolato il compimento degli studi dei corsi universitari ed equiparati ed è favorita la frequenza a corsi scolastici per corrispondenza, per radio e per televisione.
È favorito l'accesso alle pubblicazioni contenute nella biblioteca, con piena libertà di scelta delle letture.
Art. 20.
Lavoro
Negli istituti penitenziari deve essere favorita in ogni modo la destinazione al lavoro dei detenuti e degli internati.
Il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato.
Il lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro.
I sottoposti alle misure di sicurezza della casa di cura e di custodia e dell'ospedale psichiatrico giudiziario possono essere assegnati al lavoro quando questo risponda a finalità terapeutiche.
L'organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale.
Nell'assegnazione dei soggetti al lavoro si deve tener conto dei loro desideri e attitudini nonché delle precedenti attività e di quelle a cui essi potranno dedicarsi dopo la dimissione.
I detenuti e gli internati che mostrino attitudini artigianali, culturali o artistiche possono essere esonerati dal lavoro ordinario ed essere ammessi ad esercitare, per proprio conto, attività artigianali, intellettuali o artistiche.
I soggetti che non abbiano sufficienti cognizioni tecniche possono essere ammessi a un tirocinio retribuito.
La durata delle prestazioni lavorative non può superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro e, alle stregua di tali leggi, sono garantiti il riposo festivo e la tutela assicurativa e previdenziale.
Art. 21.
Modalità del lavoro
L'amministrazione penitenziaria prende tutte le iniziative per assicurare ai detenuti e agli internati il lavoro meglio rispondente alle condizioni ambientali e dei soggetti, organizzandolo sia nell'interno degli istituti sia all'esterno di essi.
Nel caso di assegnazione al lavoro allo esterno, i detenuti e gli internati, da soli o in gruppi, possono essere scortati per prestare la loro opera in aziende agricole o industriali, pubbliche o private. i minori degli anni ventuno, detenuti o internati per reati commessi prima del compimento del diciottesimo anno di età, se ammessi al lavoro all'esterno, sono avviati al lavoro senza scorta salvo che essa sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza. quando si tratta di aziende private, l'esecuzione del lavoro deve svolgersi sotto il diretto controllo della direzione dell'istituto a cui il detenuto o l'internato è assegnato.
Art. 22.
Determinazione delle mercedi
Le mercedi per ciascuna categoria di lavoranti in relazione alla quantità e qualità del lavoro effettivamente prestato, alla organizzazione e al tipo del lavoro del detenuto sono equitativamente stabilite in misura non inferiore ai due terzi delle tariffe sindacali da una commissione composta dal direttore generale degli istituti di prevenzione e di pena, che la presiede, da un Ispettore generale degli istituti di prevenzione e di pena, da un rappresentante del Ministero del tesoro, da un rappresentante del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e da un delegato per ciascuna delle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale.
Segretario della commissione è il direttore dell'ufficio del lavoro dei detenuti della direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena.
La medesima commissione determina il trattamento economico dei tirocinanti.
Art. 23.
Remunerazione e assegni familiari
La remunerazione corrisposta per il lavoro è determinata nella misura dell'intera mercede per gli internati e di sette decimi della mercede per gli imputati e i condannati.
La differenza tra mercede e remunerazione corrisposta ai condannati è versata alla cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto.
La differenza tra mercede e remunerazione corrisposta agli imputati è accantonata ed è versata all'avente diritto in caso di proscioglimento o di assoluzione oppure alla cassa di cui al precedente comma in caso di condanna.
Ai detenuti e agli internati che lavorano sono dovuti, per le persone a carico, gli assegni familiari nella misura e secondo le modalità di legge.
Gli assegni familiari sono versati direttamente alle persone a carico con le modalità fissate dal regolamento.
Art. 24.
Pignorabilità e sequestrabilità della remunerazione
Sulla remunerazione spettante ai condannati sono prelevate le somme dovute a titolo di risarcimento del danno e di rimborso delle spese di procedimento. sulla remunerazione spettante ai condannati ed agli internati sono altresì prelevate le somme dovute ai sensi del secondo e del terzo comma dell'articolo 2 .
In ogni caso deve essere riservata a favore dei condannati una quota pari a tre quinti. tale quota non è soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili della amministrazione.
La remunerazione dovuta agli internati e agli imputati non è soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili dell'amministrazione.
Art. 25.
Peculio
Il peculio dei detenuti e degli internati è costituito dalla parte della remunerazione ad essi riservata ai sensi del precedente articolo, dal danaro posseduto all'atto dell'ingresso in istituto, da quello ricavato dalla vendita degli oggetti di loro proprietà o inviato dalla famiglia e da altri o ricevuto a titolo di premio o di sussidio.
Le somme costituite in peculio producono a favore dei titolari interessi legali.
Il peculio è tenuto in deposito dalla direzione dell'istituto.
Il regolamento deve prevedere le modalità del deposito e stabilire la parte di peculio disponibile dai detenuti e dagli internati per acquisti autorizzati di oggetti personali o invii a familiari o conviventi, e la parte da consegnare agli stessi all'atto della dimissione dagli istituti.
Art. 26.
Religione e pratiche di culto
I detenuti e gli internati hanno libertà di professare la propria fede religiosa, di istruirsi in essa e di praticarne il culto.
Negli istituti è assicurata la celebrazione dei riti del culto cattolico.
A ciascun istituto è addetto almeno un cappellano.
Gli appartenenti a religione diversa dalla cattolica hanno facoltà di ricevere, su loro richiesta, la assistenza dei ministri del proprio culto e di celebrarne i riti.
Art. 27.
Attività culturali, ricreative e sportive.
Negli istituti devono essere favorite e organizzate attività culturali, sportive e ricreative e ogni altra attività volta alla realizzazione della personalità dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo.
Una commissione composta dal direttore dell'istituto, dagli educatori e dagli assistenti sociali e dai rappresentanti dei detenuti e degli internati cura la organizzazione delle attività di cui al precedente comma, anche mantenendo contatti con il mondo esterno utili al reinserimento sociale.
Art. 28.
Rapporti con la famiglia
Particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie.
Art. 29.
Comunicazioni dello stato di detenzione, dei trasferimenti, delle malattie e dei decessi
I detenuti e gli internati sono posti in grado d'informare immediatamente i congiunti e le altre persone da essi eventualmente indicate del loro ingresso in un istituto penitenziario o dell'avvenuto trasferimento.
In caso di decesso o di grave infermità fisica o psichica di un detenuto o di un internato, deve essere data tempestiva notizia ai congiunti ed alle altre persone eventualmente da lui indicate;analogamente i detenuti e gli internati devono essere tempestivamente informati del decesso o della grave infermità delle persone di cui al comma precedente.
Art. 30.
Permessi
Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e agli internati può essere concesso il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento, l'infermo. Agli imputati il permesso è concesso dall'autorità giudiziaria.
Analoghi permessi possono essere concessi per gravi e accertati motivi.
Il detenuto che non rientra in istituto allo scadere del permesso senza giustificato motivo, se l'assenza si protrae per oltre tre ore e per non più di dodici, è punito in via disciplinare; se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, è punibile a norma del primo comma dello articolo 385 del codice penale ed è applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.
L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dalla scadenza del permesso senza giustificato motivo è punito in via disciplinare.
Art. 31.
Costituzione delle rappresentanze dei detenuti e degli internati
Le rappresentanze dei detenuti e degli internati previste dagli
articoli 12 e 27
sono nominate per sorteggio secondo le modalità indicate dal regolamento interno dell'istituto.
Capo IV
REGIME PENITENZIARIO
Art. 32.
Norme di condotta dei detenuti e degli internati Obbligo di risarcimento del danno
I detenuti e gli internati, all'atto del loro ingresso negli istituti e, quando sia necessario, successivamente, sono informati delle disposizioni generali e particolari attinenti ai loro diritti e doveri, alla disciplina e al trattamento.
Essi devono osservare le norme e le disposizioni che regolano la vita penitenziaria.
Nessun detenuto o internato può avere, nei servizi dell'istituto, mansioni che importino un potere disciplinare o consentano la acquisizione di una posizione di preminenza sugli altri.
I detenuti e gli internati devono avere cura degli oggetti messi a loro disposizione e astenersi da qualsiasi danneggiamento di cose altrui.
I detenuti e gli internati che arrecano danno alle cose mobili o immobili dell'amministrazione penitenziaria sono tenuti a risarcirlo senza pregiudizio dello eventuale procedimento penale e disciplinare.
Art. 33.
Isolamento
Negli istituti penitenziari l'isolamento continuo è ammesso:
1)
quando è prescritto per ragioni sanitarie;
2)
durante l'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune;
3)
per gli imputati durante la istruttoria e per gli arrestati nel procedimento di prevenzione, se e fino a quando ciò sia ritenuto necessario dall'autorità giudiziaria.
Art. 34.
Perquisizione personale
I detenuti e gli internati possono essere sottoposti a perquisizione personale per motivi di sicurezza.
La perquisizione personale deve essere effettuata nel pieno rispetto della personalità.
Art. 35.
Diritto di reclamo
I detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami orali o scritti, anche in busta chiusa:
1)
al direttore dell'istituto, nonché agli ispettori, al direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e al Ministro per la grazia e giustizia;
2)
al magistrato di sorveglianza;
3)
alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all'istituto;
4)
al presidente della giunta regionale;
5)
al Capo dello Stato.
Art. 36.
Regime disciplinare
Il regime disciplinare è attuato in modo da stimolare il senso di responsabilità e la capacità di autocontrollo. Esso è adeguato alle condizioni fisiche e psichiche dei soggetti.
Art. 37.
Ricompense
Le ricompense costituiscono il riconoscimento del senso di responsabilità dimostrato nella condotta personale e nelle attività organizzate negli istituti.
Le ricompense e gli organi competenti a concederle sono previsti dal regolamento.
Art. 38.
Infrazioni disciplinari
I detenuti e gli internati non possono essere puniti per un fatto che non sia espressamente previsto come infrazione dal regolamento.
Nessuna sanzione può essere inflitta se non con provvedimento motivato dopo la contestazione dell'addebito all'interessato, il quale è ammesso ad esporre le proprie discolpe.
Nell'applicazione delle sanzioni bisogna tener conto, oltre che della natura e della gravità del fatto, del comportamento e delle condizioni personali del soggetto.
Le sanzioni sono eseguite nel rispetto della personalità.
Art. 39.
Sanzioni disciplinari
Le infrazioni disciplinari possono dar luogo solo alle seguenti sanzioni:
1)
richiamo del direttore;
2)
ammonizione, rivolta dal direttore, alla presenza di appartenenti al personale e di un gruppo di detenuti o internati;
3)
esclusione da attività ricreative e sportive per non più di dieci giorni;
4)
isolamento durante la permanenza all'aria aperta per non più di dieci giorni;
5)
esclusione dalle attività in comune per non più di quindici giorni.
La sanzione della esclusione dalle attività in comune non può essere eseguita senza la certificazione scritta, rilasciata dal sanitario, attestante che il soggetto può sopportarla. Il soggetto escluso dalle attività in comune è sottoposto a costante controllo sanitario.
L'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune è sospesa nei confronti delle donne gestanti e delle puerpere fino a sei mesi, e delle madri che allattino la propria prole fino ad un anno.
Art. 40.
Autorità competente a deliberare le sanzioni
Le sanzioni del richiamo e della ammonizione sono deliberate dal direttore.
Le altre sanzioni sono deliberate dal consiglio di disciplina, composto dal direttore o, in caso di suo legittimo impedimento, dall'impiegato più elevato in grado, con funzioni di presidente, dal sanitario e dall'educatore.
Art. 41.
Impiego della forza fisica e uso dei mezzi di coercizione
Non è consentito l'impiego della forza fisica nei confronti dei detenuti e degli internati se non sia indispensabile per prevenire o impedire atti di violenza, per impedire tentativi di evasione o per vincere la resistenza, anche passiva, all'esecuzione degli ordini impartiti.
Il personale che, per qualsiasi motivo, abbia fatto uso della forza fisica nei confronti dei detenuti o degli internati, deve immediatamente riferirne al direttore dell'istituto il quale dispone, senza indugio, accertamenti sanitari e procede alle altre indagini del caso.
Non può essere usato alcun mezzo di coercizione fisica che non sia espressamente previsto dal regolamento e, comunque, non vi si può far ricorso a fini disciplinari ma solo al fine di evitare danni a persone o cose o di garantire la incolumità dello stesso soggetto. L'uso deve essere limitato al tempo strettamente necessario e deve essere costantemente controllato dal sanitario.
Gli agenti in servizio nell'interno degli istituti non possono portare armi se non nei casi eccezionali in cui ciò venga ordinato dal direttore.
Art. 42.
Trasferimenti e traduzioni
I trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dello istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari.
Nel disporre i trasferimenti deve essere favorito il criterio di destinare i soggetti in istituti prossimi alla residenza delle famiglie.
I detenuti e gli internati debbono essere trasferiti con il bagaglio personale e con almeno parte del loro peculio.
Le traduzioni dei detenuti e degli internati adulti vengono eseguite, nel tempo più breve possibile, dall'arma dei carabinieri e dal corpo delle guardie di pubblica sicurezza, con le modalità stabilite dalle leggi e dai regolamenti e, se trattasi di donne, con la assistenza di personale femminile.
Nelle traduzioni sono adottate le opportune cautele per proteggere i soggetti dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità, nonché per ridurne i disagi. E'consentito solo l'uso di manette tranne che ragioni di sicurezza impongano l'uso di altri mezzi. Nei casi indicati dal regolamento è consentito l'uso di abiti civili.
Art. 43.
Dimissione
La dimissione dei detenuti e degli internati è eseguita senza indugio dalla direzione dell'istituto in base ad ordine scritto della competente autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza.
Il direttore dell'istituto dà notizia della prevista dimissione, almeno tre mesi prima, al consiglio di aiuto sociale e al centro di servizio sociale del luogo in cui ha sede l'istituto ed a quelli del luogo dove il soggetto intende stabilire la sua residenza, comunicando tutti i dati necessari per gli opportuni interventi assistenziali. Nel caso in cui il momento della dimissione non possa essere previsto tre mesi prima, il direttore dà le prescritte notizie non appena viene a conoscenza della relativa decisione.
Il direttore deve informare anticipatamente della dimissione il magistrato di sorveglianza nonché l'autorità di pubblica sicurezza quando il soggetto deve essere sottoposto a misura di sicurezza.
Il consiglio di disciplina dell'istituto, all'atto della dimissione o successivamente, rilascia al soggetto, che lo richieda, un attestato con l'eventuale qualificazione professionale conseguita e notizie obiettive circa la condotta tenuta.
I soggetti, che ne sono privi, vengono provvisti di un corredo di vestiario civile.
Art. 44.
Nascite, matrimoni, decessi
Negli atti di stato civile relativi ai matrimoni celebrati e alle nascite e morti avvenute in istituti di prevenzione e di pena non si fa menzione dell'istituto.
La direzione dell'istituto deve dare immediata notizia del decesso di un detenuto o di un internato all'autorità giudiziaria del luogo, a quella da cui il soggetto dipendeva e al Ministero di grazia e giustizia.
La salma è messa immediatamente a disposizione dei congiunti.
Capo V
ASSISTENZA
Art. 45.
Assistenza alle famiglie
Il trattamento dei detenuti e degli internati è integrato da un'azione di assistenza alle loro famiglie.
Tale azione è rivolta anche a conservare e migliorare le relazioni dei soggetti con i familiari e a rimuovere le difficoltà che possono ostacolare il reinserimento sociale.
È utilizzata, all'uopo, la collaborazione degli enti pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale.
Art. 46.
Assistenza post-penitenziaria
I detenuti e gli internati ricevono un particolare aiuto nel periodo di tempo che immediatamente precede la loro dimissione e per un congruo periodo a questa successivo.
Il definitivo reinserimento nella vita libera è agevolato da interventi di servizio sociale svolti anche in collaborazione con gli enti indicati nell'articolo precedente.
I dimessi affetti da gravi infermità fisiche o da infermità o anormalità psichiche sono segnalati, per la necessaria assistenza, anche agli organi preposti alla tutela della sanità pubblica.
Capo VI
MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE E REMISSIONE DEL DEBITO
Art. 47.
Affidamento in prova al servizio sociale
Allorché alla pena detentiva inflitta non segua una misura di sicurezza detentiva e la pena non superi un tempo di due anni e sei mesi ovvero di tre anni nei casi di persona di età inferiore agli anni ventuno o di persona di età superiore agli anni settanta, il condannato può essere affidato al servizio sociale fuori dello istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare.
L'affidamento al servizio sociale non si applica quando il condannato abbia precedentemente commesso un delitto della stessa indole ed in ogni caso è escluso per i delitti di rapina, rapina aggravata, estorsione, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione.
Il provvedimento è adottato sulla base dei risultati dell'osservazione della personalità, condotta per almeno tre mesi in istituto, nei casi in cui possa presumersi che le prescrizioni di cui al quarto comma siano sufficienti per la rieducazione del reo e per prevenire il pericolo che egli compia altri reati.
All'atto dell'affidamento è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla sua dimora, alla sua libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro.
Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono occasionare il compimento di altri reati.
Nel verbale può anche stabilirsi che l'affidato si adoperi in favore della vittima del suo delitto ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
Nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono essere modificate.
Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.
Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza, fornendo dettagliate notizie sul comportamento del soggetto e proponendo, se del caso, la modifica delle prescrizioni.
L'affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova.
L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale.
Art. 48.
Regime di semilibertà
Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale.
I condannati e gli internati ammessi al regime di semilibertà sono assegnati in appositi istituti o apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili.
La concessione della semilibertà non è ammessa nei casi di cui al secondo comma dell'articolo 47.
Art. 49.
Ammissione obbligatoria al regime di semilibertà
Sono espiate in regime di semilibertà le pene detentive derivanti dalla conversione di pene pecuniarie, sempreché il condannato non sia affidato in prova al servizio sociale o non sia ammesso al lavoro alle dipendenze di enti pubblici.
Art. 50.
Ammissione facoltativa alla semilibertà
Possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell'arresto e la pena della reclusione non superiore a sei, mesi, sempreché il condannato non sia affidato in prova al servizio sociale.
Fuori dai casi previsti dal precedente articolo e dal precedente comma, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l'espiazione di almeno metà della pena. L'internato può esservi ammesso in ogni tempo.
Per il computo della durata delle pene non si tiene conto della pena pecuniaria inflitta congiuntamente a quella detentiva, convertita a norma di legge.
L'ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento e al fine di favorire il graduale reinserimento del soggetto nella società.
Art. 51.
Sospensione e revoca del regime di semilibertà
Il provvedimento di semilibertà può essere in ogni tempo revocato quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento.
Il condannato, ammesso al regime di semilibertà, che rimane assente dall'istituto senza giustificato motivo, per non più di dodici ore, è punito in via disciplinare e può essere proposto per la revoca della concessione.
Se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, il condannato è punibile a norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale ed è applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.
La denuncia per il delitto di cui al precedente comma importa la sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca.
All'internato ammesso al regime di semilibertà che rimane assente dall'istituto senza giustificato motivo, per oltre tre ore, si applicano le disposizioni dell'ultimo comma dell'articolo 53.
Art. 52.
Licenza al condannato ammesso al regime di semilibertà
Al condannato ammesso al regime di semilibertà possono essere concesse a titolo di premio una o più licenze di durata non superiore nel complesso a giorni quarantacinque all'anno.
Durante la licenza il condannato è sottoposto al regime della libertà vigilata.
Se il condannato durante la licenza trasgredisce agli obblighi impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente dalla revoca della semilibertà.
Al condannato che, allo scadere della licenza o dopo la revoca di essa, non rientra in istituto sono applicabili le disposizioni di cui al precedente articolo.
Art. 53.
Licenze agli internati
Agli internati può essere concessa una licenza di sei mesi nel periodo immediatamente precedente alla scadenza fissata per il riesame di pericolosità.
Ai medesimi può essere concessa, per gravi esigenze personali o familiari, una licenza di durata non superiore a giorni quindici; può essere inoltre concessa una licenza di durata non superiore a giorni trenta, una volta all'anno, al fine di favorirne il riadattamento sociale.
Agli internati ammessi al regime di semilibertà possono inoltre essere concesse, a titolo di premio, le licenze previste nel primo comma dell'articolo precedente.
Durante la licenza l'internato è sottoposto al regime della libertà vigilata.
Se l'internato durante la licenza trasgredisce agli obblighi impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente dalla revoca della semilibertà.
L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dallo scadere della licenza, senza giustificato motivo, è punito in via disciplinare e, se in regime di semilibertà, può subire la revoca della concessione.
Art. 54.
Liberazione anticipata
Al condannato a pena detentiva che abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione può essere concessa, ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una riduzione di pena di venti giorni per ciascun semestre di pena detentiva scontata.
La concessione del beneficio è comunicata all'ufficio del pubblico Ministero presso la corte d'appello o il tribunale che ha emesso il provvedimento di esecuzione o al pretore se tale provvedimento è stato da lui emesso.
La condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell'esecuzione successivamente alla concessione del beneficio ne comporta la revoca.
Nel computo della quantità di pena scontata per l'ammissione alla liberazione condizionale la parte di pena detratta ai sensi del presente articolo si considera come scontata.
La concessione della liberazione anticipata non è ammessa nei casi di cui al secondo comma dell'articolo 47.
Art. 55.
Modalità di esecuzione della libertà vigilata
I sottoposti alla libertà vigilata, ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 228 del codice penale , sono affidati al servizio sociale, al fine del loro reinserimento sociale.
Art. 56.
Remissione del debito
Il debito per le spese del procedimento e di mantenimento è rimesso nei confronti dei condannati e degli internati che versino in disagiate condizioni economiche e si siano distinti per regolare condotta.
La condotta si considera regolare quando il soggetto, durante la detenzione o l'esecuzione della misura di sicurezza, abbia manifestato costante impegno nel lavoro e nell'apprendimento scolastico e professionale e costante senso di responsabilità nella condotta personale e nelle attività organizzate negli istituti.
Art. 57.
Legittimazione alla richiesta dei benefici
Il trattamento ed i benefici di cui agli
articoli 47 , 50, 52, 53, 54 e 56
possono essere richiesti dal condannato, dall'internato e dai loro prossimi congiunti o proposti dal consiglio di disciplina.
Art. 58.
Comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza
Dei provvedimenti previsti dal presente capo ed adottati dal magistrato o dalla sezione di sorveglianza, esclusi quelli di cui all'articolo 56, è data immediata comunicazione all'autorità provinciale di pubblica sicurezza a cura della cancelleria.
TITOLO II
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA ORGANIZZAZIONE PENITENZIARIA
Capo I
ISTITUTI PENITENZIARI
Art. 59.
Istituti per adulti
Gli istituti per adulti dipendenti dall'amministrazione penitenziaria si distinguono in:
1)
istituti di custodia preventiva;
2)
istituti per l'esecuzione delle pene;
3)
istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza;
4)
centri di osservazione.
Art. 60.
Istituti di custodia preventiva
Gli istituti di custodia preventiva si distinguono in case mandamentali e circondariali.
Le case mandamentali assicurano la custodia degli imputati a disposizione del pretore. Esse sono istituite nei capoluoghi di mandamento che non sono sede di case circondariali.
Le case circondariali assicurano la custodia degli imputati a disposizione di ogni autorità giudiziaria. Esse sono istituite nei capoluoghi di circondario.
Le case mandamentali e circondariali assicurano altresì la custodia delle persone fermate o arrestate dall'autorità di pubblica sicurezza o dagli organi di polizia giudiziaria e quella dei detenuti e degli internati in transito.
Può essere istituita una sola casa mandamentale o circondariale rispettivamente per più mandamenti o circondari.
Art. 61.
Istituti per l'esecuzione delle pene
Gli istituti per l'esecuzione delle pene si distinguono in:
1)
case di arresto, per l'esecuzione della pena dell'arresto.
Sezioni di case di arresto possono essere istituite presso le case di custodia mandamentali o circondariali;
2)
case di reclusione, per l'esecuzione della pena della reclusione.
Sezioni di case di reclusione possono essere istituite presso le case di custodia circondariali.
Per esigenze particolari, e nei limiti e con le modalità previste dal regolamento, i condannati alla pena dell'arresto o della reclusione possono essere assegnati alle case di custodia preventiva; i condannati alla pena della reclusione possono essere altresì assegnati alle case di arresto.
Art. 62.
Istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive
Gli istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive si distinguono in:
colonie agricole;
case di lavoro;
case di cura e custodia;
cspedali psichiatrici giudiziari.
In detti istituti si eseguono le misure di sicurezza rispettivamente previste dai numeri 1, 2 e 3 del primo capoverso dell'articolo 215 del codice penale .
Possono essere istituite:
sezioni per l'esecuzione della misura di sicurezza della colonia agricola presso una casa di lavoro e viceversa;
sezioni per l'esecuzione della misura di sicurezza della casa di cura e di custodia presso un ospedale psichiatrico giudiziario;
sezioni per l'esecuzione delle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro presso le case di reclusione.
Art. 63.
Centri di osservazione
I centri di osservazione sono costituiti come istituti autonomi o come sezioni di altri istituti.
I predetti svolgono direttamente le attività di osservazione indicate nell'articolo 13 e prestano consulenze per le analoghe attività di osservazione svolte nei singoli istituti.
Le risultanze dell'osservazione sono inserite nella cartella personale.
Su richiesta dell'autorità giudiziaria possono essere assegnate ai detti centri per la esecuzione di perizie medico-legali anche le persone sottoposte a procedimento penale.
I centri di osservazione svolgono, altresì, attività di ricerca scientifica.
Art. 64.
Differenziazione degli istituti per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza
I singoli istituti devono essere organizzati con caratteristiche differenziate in relazione alla posizione giuridica dei detenuti e degli internati e alle necessità di trattamento individuale o di gruppo degli stessi.
Art. 65.
Istituti per infermi e minorati
I soggetti affetti da infermità o minorazioni fisiche o psichiche devono essere assegnati ad istituti o sezioni speciali per idoneo trattamento.
A tali istituti o sezioni sono assegnati i soggetti che, a causa delle loro condizioni, non possono essere sottoposti al regime degli istituti ordinari.
Art. 66.
Costituzione, trasformazione e soppressione degli istituti
La costituzione, la trasformazione, la soppressione degli istituti penitenziari nonché delle sezioni sono disposte con decreto ministeriale.
Art. 67.
Visite agli istituti
Gli istituti penitenziari possono essere visitati senza autorizzazione da:
a)
il presidente del Consiglio dei Ministri e il presidente della Corte costituzionale;
b)
i ministri, i giudici della Corte costituzionale, i sottosegretari di Stato, i membri del parlamento e i componenti del Consiglio superiore della magistratura;
c)
il presidente della corte di appello, il procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello, il presidente del tribunale e il procuratore della Repubblica presso il tribunale, il pretore, i magistrati di sorveglianza, nell'ambito delle rispettive giurisdizioni; ogni altro magistrato per l'esercizio delle sue funzioni;
d)
i consiglieri regionali e il commissario di governo per la regione, nell'ambito della loro circoscrizione;
e)
l'ordinario diocesano per l'esercizio del suo ministero;
f)
il prefetto e il questore della provincia; il medico provinciale;
g)
il direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e i magistrati e i funzionari da lui delegati;
h)
gli ispettori generali dell'amministrazione penitenziaria;
i)
l'ispettore dei cappellani;
l)
gli ufficiali del corpo degli agenti di custodia.
L'autorizzazione non occorre nemmeno per coloro che accompagnano le persone di cui al comma precedente per ragioni del loro ufficio.
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono accedere agli istituti, per ragioni del loro ufficio, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
Possono accedere agli istituti, con l'autorizzazione del direttore, i ministri del culto cattolico e di altri culti.
Capo II
GIUDICI DI SORVEGLIANZA
Art. 68.
Uffici di sorveglianza
Gli uffici di sorveglianza sono costituiti presso i tribunali esistenti nelle sedi di cui alla tabella A allegata alla presente legge ed hanno giurisdizione sulle circoscrizioni dei tribunali in essa indicati.
Ai detti uffici, per l'esercizio delle funzioni elencate negli
articoli 69 e 70
, sono assegnati magistrati di appello e di tribunale, nonché personale del ruolo delle cancellerie e segreterie giudiziarie e personale esecutivo e subalterno.
I magistrati addetti agli uffici di sorveglianza non devono essere adibiti ad altre funzioni giudiziarie.
Art. 69.
Funzioni e provvedimenti del magistrato di sorveglianza
Il magistrato di sorveglianza vigila sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena e prospetta al Ministro le esigenze dei vari servizi, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo.
Esercita, altresì, la vigilanza diretta ad assicurare che l'esecuzione della custodia degli imputati sia attuata in conformità delle leggi e dei regolamenti.
Sovraintende all'esecuzione delle misure di sicurezza personali non detentive.
Approva, con ordine di servizio, il programma di trattamento di cui al terzo comma dell'articolo 13 e, nel corso del suo svolgimento, impartisce le disposizioni che ritiene opportune in ordine alla tutela dei diritti e degli interessi dei condannati e degli internati, nonché al fine della loro rieducazione.
Decide, con ordine di servizio, sui reclami dei detenuti e degli internati concernenti l'osservanza delle norme riguardanti:
a)
l'attribuzione della qualifica lavorativa, le questioni concernenti la mercede e la remunerazione, nonché lo svolgimento delle attività di tirocinio e di lavoro e le assicurazioni sociali;
b)
l'esercizio del potere disciplinare, la costituzione e la competenza dell'organo disciplinare, la contestazione degli addebiti e la facoltà di discolpa.
Provvede, con ordinanza, sull'affidamento al servizio sociale dei sottoposti alla libertà vigilata, sulla remissione del debito di cui all'articolo 56, sui permessi e sulle licenze, nonché in ordine ai trasferimenti di cui al secondo comma dell'articolo 11 ed ai ricoveri di cui all'articolo 148 del codice penale.
Esprime motivato parere sulle proposte di grazia formulate dai consigli di disciplina.
Svolge, inoltre, le funzioni attribuite al giudice di sorveglianza dai codici penale e di procedura penale e dalle altre leggi, adottando i relativi provvedimenti con il procedimento e le forme ivi previsti.
Art. 70.
Funzioni e provvedimenti della sezione di sorveglianza
In ciascun distretto di corte di appello è costituita una apposita sezione, alla quale sono devoluti gli affari in materia di affidamento in prova al servizio sociale ai sensi dell'articolo 47, revoca anticipata delle misure di sicurezza, ammissione al regime di semilibertà e revoca del provvedimento di ammissione, concessione delle riduzioni di pena per la liberazione anticipata e revoca delle riduzioni stesse.
A ciascuna sezione sono destinati magistrati di sorveglianza nel numero richiesto dalle esigenze del servizio e nei limiti delle dotazioni organiche degli uffici di sorveglianza del distretto.
La sezione provvede con il numero invariabile di quattro votanti ed è composta da un magistrato di sorveglianza con funzioni di magistrato di appello, che la presiede, da un magistrato di sorveglianza con funzioni di magistrato di tribunale, nonché da due esperti, scelti tra le categorie indicate nel quarto comma dell'articolo 80. Uno dei due magistrati deve appartenere all'ufficio di sorveglianza sotto la cui giurisdizione è posto il condannato o l'internato.
La composizione delle sezioni è annualmente determinata secondo le disposizioni dello ordinamento giudiziario.
Le decisioni della sezione sono emanate con ordinanza in camera di consiglio.
In caso di parità di voti prevale il voto del presidente.
Art. 71.
Procedimento di sorveglianza
Il presidente della sezione o il magistrato di sorveglianza, a seguito della richiesta o della proposta previste dall'articolo 57 ovvero d'ufficio, fissa con decreto il giorno della deliberazione e ne fa pervenire avviso al pubblico ministero ed all'interessato almeno cinque giorni prima di quello stabilito, avvertendoli che possono partecipare personalmente alla discussione e presentare memorie.
L'interessato nomina un difensore. ove non vi provveda, il difensore è nominato d'ufficio dal presidente della sezione o dal magistrato di sorveglianza.
Le disposizioni di cui ai due commi precedenti si applicano anche in tutti i casi in cui la sezione o il magistrato di sorveglianza procedono d'ufficio.
La competenza spetta alla sezione o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione sull'istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l'interessato all'atto della richiesta o della proposta previste dall'articolo 57 od all'inizio d'ufficio del procedimento di sorveglianza.
L'ordinanza che conclude il procedimento di sorveglianza è comunicata al pubblico ministero e all'interessato nel termine di dieci giorni dalla data della deliberazione.
Avverso l'ordinanza della sezione o del magistrato di sorveglianza il pubblico ministero e l'interessato possono proporre ricorso in Cassazione per violazione di legge entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento.
Le comunicazioni all'interessato degli avvisi e dei provvedimenti previsti nei commi precedenti sono effettuate ai sensi dell'articolo 645 del codice di procedura penale .
La sezione e il magistrato di sorveglianza emettono i loro provvedimenti avvalendosi della consulenza di tecnici del trattamento operanti negli stabilimenti della loro circoscrizione e possono svolgere le investigazioni previste dall'articolo 637 del codice di procedura penale .
Alla revoca delle riduzioni di pena, ai sensi del terzo comma dell'articolo 54 quando la condanna è intervenuta successivamente alla liberazione anticipata, la sezione di sorveglianza provvede secondo le modalità stabilite per gli incidenti di esecuzione.
Capo III
SERVIZIO SOCIALE E ASSISTENZA
Art. 72.
Centri di servizio sociale
Nelle sedi degli uffici di sorveglianza sono istituiti centri di servizio sociale per adulti.
Il Ministro per la grazia e giustizia può disporre, con suo decreto, che per più uffici di sorveglianza sia istituito un solo centro di servizio sociale stabilendone la sede.
I centri di servizio sociale dipendono dall'amministrazione penitenziaria e la loro organizzazione è disciplinata dal regolamento.
I centri, a mezzo del personale di servizio sociale, provvedono ad eseguire, su richiesta del magistrato di sorveglianza o della sezione di sorveglianza, le inchieste sociali utili a fornire i dati occorrenti per l'applicazione, la modificazione, la proroga e la revoca delle misure di sicurezza e per il trattamento dei condannati e degli internati, nonché a prestare la loro opera per assicurare il reinserimento nella vita libera dei sottoposti a misure di sicurezza non detentive.
I centri prestano inoltre, su richiesta delle direzioni degli istituti, opera di consulenza per favorire il buon esito del trattamento penitenziario. Svolgono, infine, ogni altra attività prevista dalla presente legge che comporti interventi di servizio sociale.
Art. 73.
Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto
Presso la direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena è istituita la cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto.
La cassa ha personalità giuridica, è amministrata con le norme della contabilità di Stato e può avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato.
Per il bilancio, l'amministrazione e il servizio della cassa si applicano le norme previste dall'articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547.
La cassa è amministrata da un consiglio composto:
1)
dal direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena, presidente;
2)
da un rappresentante del Ministero del tesoro;
3)
da un rappresentante del Ministero dell'interno.
Le funzioni di segretario sono esercitate dal direttore dell'ufficio della direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena, competente per l'assistenza.
Nessuna indennità o retribuzione è dovuta alle persone suddette.
Il patrimonio della cassa è costituito, oltre che dai lasciti, donazioni o altre contribuzioni, dalle somme costituenti le differenze fra mercede e remunerazione di cui all'articolo 23.
I fondi della cassa sono destinati a soccorrere e ad assistere le vittime che a causa del delitto si trovino in condizioni di comprovato bisogno.
Art. 74.
Consigli di aiuto sociale
Nel capoluogo di ciascun circondario è costituito un consiglio di aiuto sociale, presieduto dal presidente del tribunale o da un magistrato da lui delegato, e composto dal presidente del tribunale dei minorenni o da un altro magistrato da lui designato, da un magistrato di sorveglianza, da un rappresentante della regione, da un rappresentante della provincia, da un funzionario dell'amministrazione civile dell'interno designato dal prefetto, dal sindaco o da un suo delegato, dal medico provinciale, dal dirigente dell'ufficio provinciale del lavoro, da un delegato dell'ordinario diocesano, dai direttori degli istituti penitenziari del circondario. Ne fanno parte, inoltre, sei componenti nominati dal presidente del tribunale fra i designati da enti pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale.
Il consiglio di aiuto sociale ha personalità giuridica, è sottoposto alla vigilanza del Ministero di grazia e giustizia e può avvalersi del patrocinio della Avvocatura dello Stato.
I componenti del consiglio di aiuto sociale prestano la loro opera gratuitamente.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia, può essere disposta la fusione di più consigli di aiuto sociale in un unico ente.
Alle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti del consiglio di aiuto sociale nel settore della assistenza penitenziaria e post-penitenziaria si provvede:
1)
con le assegnazioni della cassa delle ammende di cui all'articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547;
2)
con lo stanziamento annuale previsto dalla legge 23 maggio 1956, n. 491;
3)
con i proventi delle manifatture carcerarie assegnati annualmente con decreto del Ministro per il tesoro sul bilancio della cassa delle ammende nella misura del cinquanta per cento del loro ammontare;
4)
con i fondi ordinari di bilancio;
5)
con gli altri fondi costituenti il patrimonio dell'ente.
Alle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti del consiglio di aiuto sociale nel settore del soccorso e dell'assistenza alle vittime del delitto si provvede con le assegnazioni della cassa prevista dall'articolo precedente e con i fondi costituiti da lasciti, donazioni o altre contribuzioni ricevuti dall'ente a tale scopo.
Il regolamento stabilisce l'organizzazione interna e le modalità del funzionamento del consiglio di aiuto sociale, che delibera con la presenza di almeno sette componenti.
Art. 75.
Attività del consiglio di aiuto sociale per l'assistenza penitenziaria e post-penitenziaria
Il consiglio di aiuto sociale svolge le seguenti attività:
1)
cura che siano fatte frequenti visite ai liberandi, al fine di favorire, con opportuni consigli e aiuti, il loro reinserimento nella vita sociale;
2)
cura che siano raccolte tutte le notizie occorrenti per accertare i reali bisogni dei liberandi e studia il modo di provvedervi, secondo le loro attitudini e le condizioni familiari;
3)
assume notizie sulle possibilità di collocamento al lavoro nel circondario e svolge, anche a mezzo del comitato di cui all'articolo 77, opera diretta ad assicurare una occupazione ai liberati che abbiano o stabiliscano residenza nel circondario stesso;
4)
organizza, anche con il concorso di enti o di privati, corsi di addestramento e attività lavorative per i liberati che hanno bisogno di integrare la loro preparazione professionale e che non possono immediatamente trovare lavoro;promuove altresì la frequenza dei liberati ai normali corsi di addestramento e di avviamento professionale predisposti dalle regioni;
5)
cura il mantenimento delle relazioni dei detenuti e degli internati con le loro famiglie;
6)
segnala alle autorità e agli enti competenti i bisogni delle famiglie dei detenuti e degli internati, che rendono necessari speciali interventi;
7)
concede sussidi in denaro o in natura;
8)
collabora con i competenti organi per il coordinamento dell'attività assistenziale degli enti e delle associazioni pubbliche e private nonché delle persone che svolgono opera di assistenza e beneficienza diretta ad assicurare il più efficace e appropriato intervento in favore dei liberati e dei familiari dei detenuti e degli internati.
Art. 76.
Attività del consiglio di aiuto sociale per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto
Il consiglio di aiuto sociale presta soccorso, con la concessione di sussidi in natura o in denaro, alle vittime del delitto e provvede alla assistenza in favore dei minorenni orfani a causa del delitto.
Art. 77.
Comitato per l'occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto sociale
Al fine di favorire l'avviamento al lavoro dei dimessi dagli istituti di prevenzione e di pena, presso ogni consiglio di aiuto sociale, ovvero presso l'ente di cui al quarto comma dell'articolo 74, è istituito il comitato per l'occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto sociale.
Di tale comitato, presieduto dal presidente del consiglio di aiuto sociale o da un magistrato da lui delegato, fanno parte quattro rappresentanti rispettivamente dell'industria, del commercio, dell'agricoltura e dell'artigianato locale, designati dal presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, tre rappresentanti dei datori di lavoro e tre rappresentanti dei prestatori d'opera, designati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale, un rappresentante dei coltivatori diretti, il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, un impiegato della carriera direttiva della amministrazione penitenziaria e un assistente sociale del centro di servizio sociale di cui all'articolo 72 .
I componenti del comitato sono nominati dal presidente del consiglio di aiuto sociale.
Il comitato delibera con la presenza di almeno cinque componenti.
Art. 78.
Assistenti volontari
L'amministrazione penitenziaria può, su proposta del magistrato di sorveglianza, autorizzare persone idonee all'assistenza e all'educazione a frequentare gli istituti penitenziari allo scopo di partecipare all'opera rivolta al sostegno morale dei detenuti e degli internati, e al futuro reinserimento nella vita sociale.
Gli assistenti volontari possono cooperare nelle attività culturali e ricreative dello istituto sotto la guida del direttore, il quale ne coordina l'azione con quella di tutto il personale addetto al trattamento.
L'attività prevista nei commi precedenti non può essere retribuita.
Gli assistenti volontari possono collaborare coi centri di servizio sociale per l'affidamento in prova, per il regime di semilibertà e per l'assistenza ai dimessi e alle loro famiglie.
Capo IV
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
Art. 79.
Minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali
Le norme della presente legge si applicano anche nei confronti dei minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali, fino a quando non sarà provveduto con apposita legge.
Art. 80.
Personale dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena
Presso gli istituti di prevenzione e di pena per adulti, oltre al personale previsto dalle leggi vigenti, operano gli educatori per adulti e gli assistenti sociali dipendenti dai centri di servizio sociale previsti dall'articolo 72 .
La amministrazione penitenziaria può avvalersi, per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, di personale incaricato giornaliero, entro limiti numerici da concordare annualmente, con il Ministero del tesoro.
Al personale incaricato giornaliero è attribuito lo stesso trattamento ragguagliato a giornata previsto per il corrispondente personale incaricato.
Per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento, l'amministrazione penitenziaria può avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, corrispondendo ad essi onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate.
Il servizio infermieristico degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle case di cura e custodia è assicurato mediante operai specializzati con la qualifica di infermieri addetti alla cura e alla custodia dei detenuti e degli internati negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e di custodia.
A tal fine la dotazione organica degli operai dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, di cui al , emanato a norma dell'articolo 17 della legge 28 ottobre 1970, n. 775 , è incrementata di 800 unità riservate alla suddetta categoria. tali unità sono attribuite nella misura di 640 agli operai specializzati e di 160 ai capi operai.
Le modalità relative all'assunzione di detto personale saranno stabilite dal regolamento di esecuzione.
Art. 81.
Attribuzioni degli assistenti sociali
Gli assistenti sociali della carriera direttiva esercitano le attribuzioni previste dagli
articoli 9, 10 e 11 della legge 16 luglio 1962, n. 1085
, anche nell'ambito dei centri di servizio sociale previsti dall'articolo 72 della presente legge.
Gli assistenti sociali della carriera di concetto esercitano le attività indicate nell'articolo 72 della presente legge nell'ambito dei centri di servizio sociale.
Esercitano opera di vigilanza e assistenza nei confronti dei sottoposti a misure di sicurezza personali non detentive e a misure alternative alla detenzione; partecipano, inoltre, all'attività di assistenza dei dimessi.
Art. 82.
Attribuzioni degli educatori
Gli educatori partecipano all'attività di gruppo per l'osservazione scientifica della personalità dei detenuti e degli internati e attendono al trattamento rieducativo individuale o di gruppo, coordinando la loro azione con quella di tutto il personale addetto alle attività concernenti la rieducazione.
Essi svolgono, quando sia consentito, attività educative anche nei confronti degli imputati.
Collaborano, inoltre, nella tenuta della biblioteca e nella distribuzione dei libri, delle riviste e dei giornali.
Art. 83.
Ruoli organici del personale di servizio sociale e degli educatori
Sono istituiti i ruoli organici delle carriere di concetto degli educatori per adulti e degli assistenti sociali per adulti.
Le dotazioni organiche dei ruoli, di cui al precedente comma, sono stabilite rispettivamente dalle tabelle C e D allegate alla presente legge.
Al personale delle carriere suddette si applicano le disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, nonché, in quanto compatibili, quelle di cui al regio decreto 30 luglio 1940, n. 2041, e successive modificazioni; lo stesso personale dipende direttamente dall'amministrazione penitenziaria e dai suoi organi periferici.
Gli impiegati della carriera direttiva di servizio sociale che all'1 luglio 1970 rivestivano la qualifica di direttore, al conseguimento della anzianità di cui al primo comma dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, sono esonerati, per la nomina alla qualifica di primo dirigente, dalla partecipazione al corso previsto dagli
articoli 22 e 23 del decreto
stesso.
La nomina è effettuata, nei limiti dei posti disponibili, con decreto del Ministro, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione sulla base dei rapporti informativi e dei giudizi complessivi conseguiti dagli interessati.
Art. 84.
Concorso per esame speciale per l'accesso al ruolo della carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti.
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro per la grazia e giustizia indirà un concorso, per esame speciale, di accesso al ruolo della carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti, istituito dal precedente articolo, nel limite del cinquanta per cento della complessiva dotazione organica del ruolo stesso.
Entro trenta mesi dall'entrata in vigore della presente legge sarà indetto un concorso pubblico di accesso al ruolo della carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti, nel limite del residuo cinquanta per cento della complessiva dotazione organica del ruolo stesso. a tale concorso sono ammessi anche gli assistenti sociali immessi nel ruolo del servizio sociale per i minorenni per effetto del concorso a 160 posti di assistente sociale, di cui al decreto ministeriale 21 giugno 1971.
Il concorso previsto al primo comma è riservato, indipendentemente dai limiti di età previsti dalle vigenti disposizioni per l'accesso agli impieghi dello Stato, a coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, svolgano attività retribuita di assistente sociale presso gli istituti di prevenzione e di pena per adulti e siano forniti di diploma di istituto di istruzione di secondo grado nonché di certificato di qualificazione professionale rilasciato da una scuola biennale o triennale di servizio sociale.
Il concorso consiste in una prova orale avente per oggetto le seguenti materie:
1)
teoria e pratica del servizio sociale;
2)
psicologia;
3)
nozioni di diritto e procedura penale;
4)
regolamenti per gli istituti di prevenzione e di pena.
La commissione esaminatrice è presieduta dal direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena o dal magistrato che ne fa le veci ed è composta dai seguenti membri:
un magistrato di corte d'appello addetto alla direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena;
un docente universitario in neuropsichiatria o in psicologia o in criminologia o in antropologia criminale;
un ispettore generale dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena;
un docente di materie di servizio sociale.
Le funzioni di segretario sono esercitate da un impiegato del ruolo amministrativo della carriera direttiva della detta amministrazione con qualifica non inferiore a direttore alla seconda classe di stipendio (ex coefficiente 257).
La prova si considera superata dai candidati che hanno riportato un punteggio non inferiore a sei decimi.
I vincitori del concorso sono nominati:
a)
alla prima classe di stipendio della qualifica di assistente sociale se abbiano prestato servizio continuativo ai sensi del terzo comma del presente articolo per almeno due anni;
b)
alla seconda classe di stipendio della qualifica di assistente sociale se abbiano prestato tale servizio per almeno quattro anni;
c)
alla terza classe di stipendio della qualifica di assistente sociale se abbiano prestato tale servizio per almeno otto anni.
Nei confronti di coloro che sono inquadrati nella prima o nella seconda classe di stipendio, ai sensi del comma precedente, gli anni di servizio di assistente sociale prestato in modo continuativo, ai sensi del terzo comma del presente articolo, oltre i limiti rispettivi di due e quattro anni sono computati ai fini dell'inquadramento nella classe di stipendio immediatamente superiore.
Entro tre mesi dalla data di pubblicazione del decreto di nomina i vincitori del concorso hanno facoltà di chiedere il riscatto degli anni di servizio prestato ai sensi del terzo comma del presente articolo, ai fini del trattamento di quiescenza e della indennità di buonuscita.
Art. 85.
Accesso alla carriera direttiva di servizio sociale
Alla
lettera e) dell'articolo 5 della legge 16 luglio 1962, n. 1085, sono soppresse le parole
"istituita o autorizzata a norma di legge"
.
Art. 86.
Personale per gli uffici di sorveglianza
Con decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia, di concerto con il Ministro per il tesoro, è determinato, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge, il contingente dei magistrati e del personale di cui all'articolo 68 da assegnare a ciascun ufficio di sorveglianza nei limiti delle attuali complessive dotazioni organiche.
Art. 87.
Norme di esecuzione
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia, di concerto con il Ministro per il tesoro, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge, sarà emanato il regolamento di esecuzione. per quanto concerne la materia della istruzione negli istituti di prevenzione e di pena il regolamento di esecuzione sarà emanato di concerto anche con il Ministro per la pubblica istruzione.
Fino all'emanazione del suddetto regolamento restano applicabili, in quanto non incompatibili con le norme della presente legge, le disposizioni del regolamento vigente.
Entro il termine indicato nel primo comma dovranno essere emanate le norme che disciplinano lo ingresso in carriera del personale di concetto dei ruoli degli educatori per adulti e degli assistenti sociali per adulti.
Le disposizioni concernenti l'affidamento al servizio sociale e il regime di semilibertà entreranno in vigore un anno dopo la pubblicazione della presente legge nella gazzetta ufficiale.
Art. 88.
Attuazione dei ruoli del personale
L'istituzione del ruolo organico del personale di concetto di servizio sociale per adulti, l'ampliamento del ruolo organico del personale direttivo di servizio sociale, l'istituzione del ruolo organico della carriera di concetto degli educatori per adulti e l'ampliamento del ruolo degli operai specializzati addetti agli ospedali psichiatrici e alle case di cura e di custodia, previsti dalla presente legge, saranno attuati entro un periodo di sette anni.
Art. 89.
Norme abrogate
Sono abrogati gli
articoli 141, 142, 143, 144, 149
e l'ultimo capoverso dell'articolo 207 del codice penale, l'articolo 585 del codice di procedura penale nonché ogni altra norma incompatibile con la presente legge.
Art. 90.
Esigenze di sicurezza
Quando ricorrono gravi ed eccezionali motivi di ordine e di sicurezza, il Ministro per la grazia e giustizia ha facoltà di sospendere, in tutto o in parte, l'applicazione in uno o più stabilimenti penitenziari, per un periodo determinato, strettamente necessario, delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza.
Art. 91.
Copertura finanziaria
All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 25 miliardi per l'anno finanziario 1975, si provvede mediante riduzione di pari importo dello stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello per l'anno finanziario medesimo.
Il Ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. è fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 26 luglio 1975
LEONE
MORO
REALE
COLOMBO
Visto, il Guardasigilli: REALE